Alfa 75 1.8 Turbo
Alfa 75 1.8 Turbo
lunedì 22 agosto 2016
Riprendere in mano un lavoro fatto da altri non è mai semplice, perchè ancor prima di poter applicare i propri concetti, bisogna esaminare il lavoro già fatto, valutarne la validità ed adattare reciprocamente il pre-esistente con la propria visione delle cose. E viceversa.
Per questi motivi, spesse volte, è più facile mettere mano su un veicolo originale, piuttosto che su uno modificato.
Quando mi hanno parlato di questa 75, però, mi sono incuriosito: innanzitutto, alla data odierna, questo veicolo non sembra godere del dovuto ricordo. In secodo luogo ho visto sotto il cofano delle modifiche interessanti, espressione di sano artigianato!
Il lavoro più grosso è stato fatto nella rilocazione dei radiatori, che sono stati posizionati replicando il vano motore dell’ IMSA. Di conseguenza, anche il collettore di aspirazione è stato rifatto, adottando al contempo una farfalla singola di generose dimensioni, generosa mai quanto lo scambiatore aria-aria, comunque. Lato scarico, un turbocompressore dalle dimensioni inedite.
Ciliegina sulla torta: la fasatura variabile mutuata dalla versione aspirata ad iniezione elettronica...
Il punto critico dell’ Alfa 75 1.8T era sempre la gestione elettronica, che di serie venne affidata a due ECU lavoranti in parallelo, di cui una tra l’altro non rimappabile.
Sotto il tappetino ho difatti trovato una vecchia ma valida Autronic a gestire l’iniezione, la singola bobina, la sovralimentazione, la fasatura variabile e le ventole di raffreddamento del radiatore.
La macchina soffre di problemi di messa a punto ed affidabilità, pur essendo le prestazioni assolutamente degne di nota.
Questo è stato il punto di discrepanza tra la mia vision ed il pre-esistente: punto il tutto e per tutto su un’elettronica vent’anni più nuova, approfittandone per eliminare il distributore ed applicare così una doppia bonbina wasted-spark!
Attualmente le velocità di calcolo del processore sono decisamente superiori rispetto ad una ECU sviluppata negli anni ’80, per non parlare delle funzioni software, come per esempio l’ autocarburazione mediante la sonda wideband e l’automappatura dell’ arricchimento a freddo!
La decisione è presa: giù il cablaggio, che viene sottoposto a verifica e “restauro”, e su il pettinde della Megasquirt 2, arricchita di un secondo canale per la configurazione wasted spark ed il pilotaggio del contagiri, del motorino del minimo, della fasatura variabile, delle ventole radiatore e della pressione di sovralimentazione.
Fatto ciò, la seconda modifica più invasica è stata rimuovere il distributore e la bobina d’accensione, e costruire un “tappo” da inserire al posto dello spinterogeno che tenesse anche in posizione corretta l’ingranaggio della pompa dell’olio sottostante.
Gli iniettori a bassa impedenza sono stati accoppiati in configurazione semisequenziale alla MS2 tramite un “resistor box”, mentre la valvola di gestione del turbocompressore è di recente produzione, molto piu veloce di quelle dell’ epoca.
Il primo avviamento non è stato difficoltoso, mentre gran parte del tempo per la messa a punto è stato speso nella ricerca della fasatura ottimale, visto che in origine il motore tendeva a tirare molto in alto. (Colpa probabilmente di camme troppo “pistaiole”)
Anche la valvola di gestione del regime minimo richiede abbastanza tempo per essere ottimizzata, e visto l’uso stradale del motore si è giunti ad un controllo PID closed loop che parte da un regime obiettivo di 1400 rpm a freddo per scendere poi a 900 rpm a motore caldo. In questo frangente si è optato anche per l’adozione della funzione di stabilizzazione del regime minimo, tramite la quale la centralina insegue il regime ottimale smorzando le oscillazioni agendo anche sull’ anticipo d’accensione, oltre che sulla valvola del minimo.
A grandi linee, guidare un motore con una centralina moderna è come utilizzare lo smartphone nuovo: funziona sempre come uno smartphone, ma riesce a funzionare meglio e più velocemente!
Auguriamo al proprietario un grande divertimento!